Piccolo Eliseo
14 – 24 novembre 2019
Accabadora
dal romanzo di Michela Murgia
edito da Giulio Einaudi Editore
Drammaturgia Carlotta Corradi
Con
Anna Della Rosa
Scene Antonio Belardi
Costumi Anna Coluccia
Luci Gianni Staropoli e Raffaella Vitiello
Suono Hubert Westkemper
Musiche a cura di John Cascone
Video Lorenzo Letizia
Regia Veronica Cruciani
Produzione Compagnia Veronica Cruciani, Teatro Donizetti di Bergamo, TPE – Teatro Piemonte Europa, CrAnPi con il contributo di Regione Lazio – Direzione Regionale Cultura e Politiche Giovanili – Area Spettacolo dal Vivo
Un’indimenticabile storia d’amore… tra una figlia e una madre. In questo caso, non la madre naturale. Ma l’altra madre. Un amore costruito giorno dopo giorno, per questo simile a un legame sentimentale, fondato sulla scelta
Tratto da uno dei più bei romanzi di Michela Murgia nonché uno dei libri più letti in Italia negli ultimi anni (vincitore Premio Campiello 2010), Accabadora è lo spettacolo di Veronica Cruciani interpretato da Anna Della Rosa. Il testo teatrale è stato scritto da Carlotta Corradi in forma di monologo, partendo dal punto di vista di Maria, la figlia di Bonaria Urrai l’accabadora di Soreni.
Michela Murgia racconta una storia ambientata in un paesino immaginario della Sardegna, dove Maria, all’età di sei anni, viene data a fill’e anima a Bonaria Urrai, una sarta che vive sola e che all’occasione fa l’accabadora. La parola, di tradizione sarda, prende la radice dallo spagnolo acabar che significa finire, uccidere; Bonaria Urrai aiuta le persone in fin di vita a morire. Maria cresce nell’ammirazione di questa nuova madre, più colta e più attenta della precedente, fino al giorno in cui scopre la sua vera natura. È allora che fugge nel continente per cambiare vita e dimenticare il passato, ma pochi anni dopo torna sul letto di morte della Tzia. L’accudimento finale è uno dei doveri dell’essere figlia d’anima, una forma di adozione concordata tra il genitore naturale e il genitore adottivo.
La drammaturgia di Carlotta Corradi parte proprio dal ritorno di Maria sul letto di morte di Tzia Bonaria. C’è un tempo di separazione profonda tra le due donne che pesa in questo incontro. La verità, la rabbia che la ragazza ancora prova per il tradimento subito dalla Tzia viene a galla prepotentemente, nonostante gli sforzi che Maria compie per galleggiare tra i migliori ricordi dell’infanzia accanto alla lunga gonna nera della Tzia.
Michela Murgia, che per la prima volta ha deciso di appoggiare e accompagnare la nascita di uno spettacolo nato dal suo romanzo, spiega: Carlotta Corradi ha fatto un lavoro di tessitura, utilizzando tutte parole mie, ma in un modo in cui io non le ho usate. C’è un’originalità anche autoriale in questo testo. Chiamarlo ‘riduzione’ non va bene: è un ampliamento. Una visione che io non ho assunto perché la mia attenzione era sulla vecchia, non sulla bambina. È un pezzo di Maria che mancava, sono felice che siano state altre donne a vederlo. Probabilmente dieci anni fa, quando ho scritto il romanzo, non ero in grado di vedere la Maria adulta. Ora è un piacere leggerla nelle parole, negli occhi, nel gesto artistico di altre professioniste. Pur non avendo scritto una parola, potrei controfirmarla, la sento molto mia, molto somigliante all’intenzione letteraria che c’era nel romanzo.
Note di regia
Una bambina non accettata dalla madre ha una seconda possibilità di sentirsi amata da ‘Tzia Bonaria’, la madre adottiva, che la cresce e la educa. Accabadora propone un modello diverso di famiglia, dove la madre non è quella biologica ma adottiva, che ci conduce verso l’idea di una società più aperta. Tuttavia la stessa madre adottiva, in punto di morte, chiederà a Maria di compiere un gesto estremo, contro la sua volontà. Gesto che lei, l’accabadora, ha compiuto più volte nella vita e che Maria non riesce ancora a perdonarle. La dimensione tragica della vicenda acquisirà per Maria le forme dell’ossessione.
Da subito ho immaginato il dialogo tra Maria e Tzia Bonaria come un dialogo tra sé e una parte di sé, tra una figlia e il suo genitore interiore. Per questo ho voluto realizzare uno spazio astratto, mentale, nel quale Maria cerca di rielaborare la morte della madre adottiva. Ciò darà origine ad un conflitto tra due aspetti di Maria: la parte rimasta bambina e la parte che deve diventare adulta. Il video mi ha permesso di rendere visibile le dinamiche emotive e relazionali tra queste due parti. La pedana sospesa crea una divisione tra l’attrice e il pubblico, è la gabbia mentale in cui Maria è intrappolata e di cui riuscirà a liberarsi soltanto alla fine, compiendo il fatidico gesto richiesto dalla madre. O meglio, ripetendolo davanti alla sua coscienza – e a noi pubblico – che la assolverà.
Lo spettacolo, visto come una rêverie che si ripete ogni giorno uguale a se stessa, troverà in questa sofferta ripetizione del gesto la sua risoluzione, permettendo a Maria di uscire dall’ossessione e di andare in una nuova direzione di vita.
Veronica Cruciani
Note di drammaturgia
Sebbene il romanzo sia spesso ricordato per due temi estremamente attuali quali eutanasia e adozione, nella mia percezione è stato fin da subito un’indimenticabile storia d’amore. In questo caso, tra una figlia e una madre. In questo caso, non la madre naturale. Ma l’altra madre. Un amore costruito giorno dopo giorno, per questo simile a un legame sentimentale, fondato sulla scelta.
E come ogni rapporto madre-figlia è destinato a uno strappo, a un momento in cui la bambina diventa donna, fino a diventare madre della madre. Per me, il passaggio più difficile, e ancora incomprensibile, della vita.
Nella storia di Maria e Tzia Bonaria lo strappo è talmente forte che Maria, anziché crescere, decide di fuggire nel continente. Quando torna, nonostante siano passati gli anni, Maria è rimasta adolescente.
Per questo ho scelto come punto di partenza della mia drammaturgia la fine del romanzo: il momento in cui una Maria intrappolata nel suo essere figlia si ritrova a dover essere madre. Tutta l’intensità di quest’ultimo tempo accanto alla Tzia è dato dai passaggi non compiuti, dalle cose non dette, le accuse non fatte, l’amore non richiesto. Una volta affrontate le negazioni, Maria è pronta a esplodere in un gesto finale che è un ultimo ed essenziale atto d’amore che la figlia d’anima compie verso sua madre, e che la farà diventare una donna.
Carlotta Corradi
La drammaturgia, quasi fosse un giallo intimo, segue la presa di coscienza di Maria, dapprima ignara, poi attraverso indizi e ricordi lentamente consapevole del misterioso e terribile ruolo della zia. Con stupore, indignazione, accusa, ma anche conflitto interiore al capezzale della zia morente, che le chiede lo scandalo di darle la buona fine. La regia precisa di Cruciani procede essenziale, solo stacchi al buio a segnare le evoluzioni della drammaturgia, e una scena vuota dove la presenza forte e fragile insieme di Anna Della Rosa si rispecchia in soppi video, apparizioni mute sullo sfondo neutro.
Simona Spaventa, la Repubblica
Un’intensità, nel caso di Anna Della Rosa, di cui la memoria si nutrirà per parecchio tempo. Guidata da Veronica Cruciani, che le ha preparato uno spazio essenziale, geometrico, e fondali color pastello, il suo personaggio viene sbalzato in un controluce narrativo e visivo allo stesso tempo.
Roberto Canziani, robertocanziani.eu/quantescene
Ricondurre un romanzo a un pensiero lungo è un’impresa e Carlotta Corradi c’è riuscita fino al dettaglio. Anche perché è già nel suo lavoro che s’è insinuata una regia umanissima e partecipe, la regia decisiva di Veronica Cruciani, capace di evocare mondi in una saga a misura d’una bocca, d’una solitudine d’animo, d’uno sguardo.
Rodolfo di Giammarco, la Repubblica
Questo ripercorrere il suo passato di “ultima” di quattro figlie, non volute per miseria e data in adozione alla sarta Bonaria Urrai, inizia con toni leggeri e distaccati, quasi in conflitto con la sacralità del momento terminale, ma poi la scrittura di Corradi (della quale Cruciani ha già messo in scena Peli) entra nella profondità del legame tra madre e figlia e diventa un percorso di formazione, forse solo interiore, doloroso ma necessario per arrivare all’accettazione del proprio essere donna.
Mariateresa Surianello, il Manifesto
La protagonista ritorna in abiti “continentali”: a poco a poco se ne spoglierà e finirà abbigliata tutta di nero come Tzia Bonaria. E accetterà, alla fine, di darle morte, trasformandosi in accabadora, per strazio, per affetto, per sostituzione, ormai non più figlia ma donna e madre lei stessa. Questo processo, lento, che rievoca al passato i fatti del romanzo, avviene in teso dialogo con i suoni creati da Hubert Westkemper, respiri, sospiri, venti, tempeste, spasimi: tra le luci di Gianni Staropoli, che disegnano posse emotive, che rendono il fondale un muro grigio, un’azzurra parete mentale, un nero riquadro per il finale ritual, la morte e la sostituzione, la maturazione. Costumi e ambienti scenici di Barbara Bessi si riempiono di doppi di Maria, con in video di Lorenzo Letizia che rappresentano la ragazza scissa o lei stessa che alla fine prende fattezze più vecchie, ormai trasformata dalla pieta della madre putativa.
Massimo Marino, Left
Attualissimo, in una storia dai profumi antichi, è il tema della maternità di fatto. Soltanto staccandosi da quella che considera sua madre che Maria riesce finalmente a crescere e ad accettare le pratiche dell’accabadora. Mettendo fine alle sofferenze della Tzia, Maria finalmente capisce l’umanità che si nasconde dietro a quel gesto che si colloca nella zona grigia tra l’omicidio e la compassione e il cerchio si chiude.
Imma Amitran, Teatrionline
DURATA: 70 minuti
TRAILER: https://www.dropbox.com/sh/e2kvzwx4mujo4pf/AACjCfW66HjM77JKZ_hLDak1a?dl=0
PICCOLO ELISEO
Da giovedì 14 a domenica 24 novembre 2019
Orario spettacoli:
Da martedì a sabato ore 20.00
Domenica ore 17.00
Prezzo 20 €
Biglietteria tel. 06.83510216
Giorni e orari: lun. 13 – 19, da martedì a sabato 10.00 – 19.00, domenica 10 – 16
Via Nazionale 183 – 00184 Roma
Biglietteria on-line www.teatroeliseo.com e www.vivaticket.it
Call center Vivaticket: 892234