Il Grigio: Elio recita e canta Gaber dal 15 al 27 ottobre al Teatro Gustavo Modena di Genova.
Il Grigio di Giorgio Gaber ed Alessandro Luperini dopo essere stato oggetto di lettura teatrale nell’ottobre 2018: Giorgio Gallione lo presenta come opera compiuta grazie alla collaborazione di Elio, lo storico ex leader delle sempre amate “Storie Tese”. Ma chi è il grigio gaberiano, se non uomo qualunque, costretto a combattere contro la falsità e la meschinità? Un uomo indotto a vivere nel letargo familiare, costretto a sfidare i giorni per evadere dall’apatia che si sta impadronendo della sua esistenza. Un individuo talmente comune da non essere neppure considerato. Lui, un personaggio legato ad una donna che può tutto, ma spesse volte ignora ogni sua esigenza, perché lei vive solo per la figlia e il figlio. E dopo ci mancava solo un vicino di casa talmente metodico da pensare che sia robotizzato. E ancora un gatto che ormai da ospite è diventato il vero padrone. E non è finito: manca l’uomo di casa, lui stesso, che tra le pareti domestiche è dimenticato del tutto, tanto da non avere neppure più diritto ad avere un nome.
La scrittura di Gaber da lui recitata e cantata, non è un monologo, ma è un qualcosa di più, perché lascia un’universale lezione di consapevolezza. Una storia per un uomo comune scritta per l’uomo moderno. Allora l’uomo comune per fuggire ed allontanarsi dalla progredita città torna a rifugiarsi nella genesi: e tornando alle origini si rifugia in campagna. La campagna, sì! Il ritorno alla natura è la migliore soluzione che un individuo possa trovare.
Finalmente, la campagna, il contatto con la natura, il riposo e la liberazione dallo stress: liberazione! Ma quale liberazione dai rumori e dallo stress! In campagna il nostro G. è tormentato dal rumore di un topo.
Un topo tempesta tutti i suoi silenzi e forse anche il silenzio della sua coscienza, ma forse l’uomo della strada non possiede neppure la coscienza. Perché lui è tutto ma spesse volte è niente: forse dipende tutto dalla mente. Ma il signor G. sarà ancora proprietario della propria mente o ha subito uno sdoppiamento della stessa, e a lui ne è rimasta solo di una piccola parte? E questo topo chi è? Perché è in grado di scuotere i suoi pensieri e persino di farsi odiare: perché il farsi odiare è di per se un segnale che questo animale che squittisce ed ha quattro zampe si sta prendendo una parte della tua mente. Forse ancora di più di quel pedante colonnello in pensione che con il suo fare abitudinario lo irritava in città. Perché il colonnello, pur essendo per la gente un uomo impeccabile, era pur sempre un mediocre che valeva sempre meno che il roditore.
La televisione è per Gaber l’esaltazione della limitatezza che plagia ogni esserino che accende il pulsante ed è fisso sui programmi creando abitudini da cui nessuno si può più liberare. Allora l’uomo qualunque si arma di qualunquismo e va in campagna a farsi sconfiggere da un topo. Ma un uomo anche se ha poca personalità quando è toccato nell’orgoglio mostra il suo animo da combattente: così cerca di catturare il pedante, ma il ratto che ormai nella sua mente prende quasi sembianze umane, tanto da chiamarlo il grigio, non si vuole fare catturare.
Ma se un uomo imprigiona la sua ossessione, catturerebbe una parte di se stesso che come un due di picche in un castello di carte da gioco con un soffio di vento rovinerebbe sulle altra carte trascinando sul tavolo anche l’illusione: sì, l’illusione … come è bella l’illusione. L’illusione dà forza ai propri principi, perché ci fa grandi rispetto agli altri ma ci nasconde a noi stessi, un po’ come il grigio che ogni uomo vuole catturare. Allora il menefreghista per vincere la sua guerra e sconfiggere il suo nemico prende il gatto del figlio, ma tutto è vano, il topo forse avendo sentore del pericolo imminente scompare. Ed ora che il fantomatico grigio è sparito dalla sua vita, finalmente è tornata la felicità. Il signor G. è finalmente felice di aver vinto l’estenuante guerra dell’uomo della strada. Ma la felicità è di breve durata perché l’uomo ne sente subito la mancanza: perché per la legge degli opposti, il grigio rappresentava la libertà, mentre il signor G. era prigioniero di una gabbia senza sbarre. Il signor G. cercava di sopprimere il topo perché era coscientemente consapevole che per lui rappresentava l’emancipazione, una indipendenza che nessun uomo può mai raggiungere. Il topo forse era una illusione, ma lo favorirà a percorrere un cammino verso una maturazione esistenziale: l’accettazione delle diversità.
Giorgio Gaber, attore e musicista poliedrico, ha lasciato un vuoto incolmabile nella cultura e nella musica italiana, per fortuna subito dopo la sua morte è nata la Fondazione Gaber, un’associazione culturale brillantemente attiva nel divulgare e promuovere le sue opere: ed il Grigio è una di queste.
Ma chi meglio che Giorgio Gallione può essere esaustivo riguardo alla sua opera:
“Per me, nell’88, Il Grigio, dal punto di vista dello spettatore e del giovane regista di allora, fu una esperienza intensissima, fondamentale. Quel mix geniale di astrazione e immedesimazione, quel raccontare teatralissimo e senza didascalismi fu una rivelazione. Così, leggendo all’infinito quel copione negli anni successivi ho sempre pensato al Grigio come ad un “oggetto” teatrale perfetto e immodificabile. Poi… è arrivata la decisione / occasione di metterlo in scena… e le canzoni hanno cominciato ad attirarmi come il canto delle sirene. Mi sono convinto – piano piano ma con sempre maggiore “lucidità” – che i temi, i quadri, i sentimenti, le situazioni presenti nel Grigio del 1988 fossero poi state rielaborati, perfezionati, e perché no, anche attualizzati da molte canzoni nate dopo quella esperienza. Scrivendo una infinita storia di un signor G in continua crescita e trasformazione, nel privato e nel sociale, Gaber e Luporini hanno continuato a macinare, indulgenti o spietati, sulle contraddizioni dell’essere umano. E il “dopo Grigio” è un contenitore ricchissimo di spunti e illuminazioni, in forma di canzone, che si sovrappongono e amplificano i temi del copione di allora. Ecco il senso di questo adattamento, che mi pare insieme spudorato e “inevitabile”. In più c’è Elio, cantante personalissimo, eretico, eccentrico, che tra le note e le parole di Gaber è di casa, e che si accinge ad abitare con libertà e rispetto questo nuovo copione, interamente gaberiano, ma modellato da una nuova sensibilità e alla luce dell’intero universo creativo e stilistico di una maschera, il Signor G, che sa e può ancora parlare potentemente e spietatamente al nostro oggi”.
Gallione ha ricreato il Grigio con entusiasmo ed incanto: uno spettacolo che nell’apparente comicità scava dentro l’animo umano. Il regista ha pazientemente adattato il testo in modo armonico e sapientemente prodotto una ambientazione artistica perfetta per Elio: un estro eccentrico a tratti ribelle come era lo stesso Gaber.