Recensione | Al teatro Eliseo IL MAESTRO E MARGHERITA di Andrea Baracco

Liberati dal Maligno, sono rimasti maligni.
Questa la frase che compare sull’immensa lavagna nera che è la scenografia de Il Maestro e Margherita, al teatro Eliseo di Roma fino al prossimo 3 febbraio.
Il Faust di Goethe, nella citazione di Mefistofele, irrompe nella regia di Andrea Baracco e si accosta all’immagine di Satana costruita da Michail Bulgakov nel suo capolavoro incompiuto.

Che cosa sarebbe il tuo bene, se non esistesse il male, e che aspetto avrebbe la terra se le ombre sparissero, perché sono gli oggetti e gli uomini a dare l’ombra. Vorresti scorticare tutto il globo terrestre, portandogli via tutti gli alberi, e tutto ciò che è vivente, solo per la tua fantasia di godere della nuda luce?

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Con le sue parole Woland/Satana, parte di quella forza che vuole costantemente il male e opera costantemente il bene, appare indubbiamente come uno dei personaggi più intriganti della letteratura, un misto di filosofia e grottesco magistralmente incarnato dall’interpretazione di Michele Riondino: il suo Woland è elegante e animalesco, l’attore snatura la propria voce, la sua postura, in una totale fusione con il personaggio, che coinvolge e ammalia il pubblico, senza mai un minimo cedimento.
Accanto a lui la sua combriccola, il valletto Korov’ev (Alessandro Pezzali), il gatto Behemot (Giordano Agrusta) e la strega Hella (Carolina Balucani), figure beffarde e inquietanti, finemente caratterizzate, che accompagnano, con i loro grotteschi balletti, le musiche e i suoni disturbanti composti da Giacomo Vezzani.

La regia di Baracco è visionaria, inquieta, fortemente evocativa, anche grazie all’enorme lavoro di riscrittura di Letizia Russo: una drammaturgia, la sua, che riesce a racchiudere un universo costellato da 146 personaggi nell’azione di undici attori sulla scena, moltiplicando i ruoli e attivando efficaci processi immaginativi.
Si passa repentinamente dal comico al tragico, il piano del reale si confonde con quello del fantastico, le tre linee narrative dell’opera si mescolano poeticamente.
Woland sceglie la giovane Margherita come sua regina del sabba, il gran ballo demoniaco da lui organizzato, e la donna, in cambio, gli chiede di poter rivedere il Maestro, autore di un romanzo su Ponzio Pilato che, caduto in depressione, l’ha abbandonata dopo una storia d’amore intensa e segreta. Le due vicende si fondono con quella di Pilato stesso, combattuto nel decretare la sorte di Gesù.
E’ Francesco Bonomo a rappresentare la sovrapposizione tra il Maestro e Pilato, diversificando in modo sapiente i due tipi diversi di smarrimento che li caratterizzano.
Interessante anche l’interpretazione di Federica Rosellini, che dipinge con trasporto carnale la meravigliosa scena del volo notturno di Margherita, simbolo dell’amore che sfida e supera i confini della realtà e sopravvive anche alla morte.

 

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