Ogni giovedì pomeriggio, fino al 14 marzo, Vittorio Viviani accompagnerà il pubblico del teatro Vascello di Roma in un percorso culturale di notevole interesse, attraverso le novelle italiane che hanno ispirato le grandi opere di William Shakespeare.
Molti celebri capolavori del bardo inglese, infatti, nascono dalla reinterpretazione di opere della letteratura italiana a noi, spesso, quasi ignote, ma che in un modo o in un altro arrivarono fino a Shakespeare.
Il lavoro di Viviani risulta molto interessante perché offre una lezione a tutto tondo, che passa per la storia del teatro, arrivando ad analizzare la particolare terminologia della lingua volgare, attraverso divertenti aneddoti, colorati dalle sue capacità affabulatorie.
Una lettura espressiva divertente ed acuta, che stimola la curiosità e aiuta il pubblico a riscoprire una parte spesso poco approfondita del nostro patrimonio culturale.
In uno di questi incontri, ad esempio, Viviani presenta una novella di Giovanni Fiorentino, scrittore toscano vissuto nel XIV secolo, autore de Il Pecorone, una raccolta di cinquanta novelle suddivise in venticinque giornate e racchiuse all’interno di una cornice narrativa, in pieno stile boccaccesco.
La novella in questione, Per un pugno di ducati, appare praticamente identica a Il Mercante di Venezia, dalle ambientazioni, tra Venezia e Belmonte (località inventata da Fiorentino, dunque, non da Shakespeare), alla donna scaltra che si traveste da uomo, fino alla figura dell’usuraio ebreo e della libra di carne.
La somiglianza è impressionante e avvalora l’ipotesi che Shakespeare conoscesse la lingua italiana, poiché, tra le novelle di Fiorentino, questa non fu mai tradotta in inglese.
La riflessione di Viviani si sposta, poi, verso ciò che il bardo aggiunse all’opera da cui trasse ispirazione, arricchendola e rendendola il capolavoro che oggi conosciamo: Shylock.
Uno dei personaggi più profondi, strutturati e patetici della produzione shakespeariana, che rivela tutta la genialità del suo autore nel celebre monologo finale, che l’attore ci regala con passione, come adeguata conclusione.