Recensione | LA BIBBIA RIVEDUTA E SCORRETTA al teatro Quirino

Dopo anni di successi tra parodie e mash-up travolgenti, gli Oblivion arrivano a teatro con il loro primo musical, La Bibbia riveduta e scorretta, in scena al Quirino di Roma fino al 6 gennaio.
Due ore di divertimento assoluto, in compagnia di cinque meravigliose voci che scelgono di riscrivere in chiave dissacrante nientemeno che la Bibbia.
Lo spettacolo, scritto dai tre uomini del gruppo, Davide Calabrese, Lorenzo Scuda e Fabio Vagnarelli, è ambientato nella Germania del 1455, in un momento fondamentale della storia: l’invenzione della stampa a caratteri mobili e, dunque, l’inizio dell’Età Moderna.
Johann Gutenberg, sommerso dai debiti, ma entusiasta della propria invenzione, riceve la visita di un aspirante scrittore, Dio in persona, che gli presenta la sua autobiografia manu-scolpita su lastre di pietra, chiedendogli di pubblicarla e di diffonderla in tutte le case del mondo.
Gutenberg tenterà in ogni modo di rendere appetibili per il pubblico quelle che lui considera storielle bizzarre e scollegate: tra diatribe e riscritture assurde, prendono vita sul palco le più incredibili vicende dell’Antico e del Nuovo Testamento, da Caino e Abele ad Abramo, da Noè a Giovanni Battista, fino a Gesù, per gli amici J.C.

 

OBLIVION_LA BIBBIA_SA906797_©Paolo Galletta.jpg

 

Un testo sfacciato che non ha paura di osare e ricorda a tratti l’irriverenza di Woody Allen: critica l’attualità e gioca con la religione senza essere blasfemo, anche se richiede senza dubbio una certa apertura mentale, invitando il pubblico a mettere da parte schemi e pregiudizi.
I cinque artisti si alternano sulla scena interpretando un’infinità di personaggi, aiutati anche dai meravigliosi costumi di Guido Fiorato, ricchi di dettagli e originalissimi: irresistibili i lunghi dread bianchi di Dio (Vagnarelli), il cappotto di Gutenberg (Calabrese), con tutti i suoi caratteri stampati all’interno e il cappellino con piuma di Frau Schöffer (Graziana Borciani).
Le musiche di Lorenzo Scuda, ironiche, impegnative e destinate a imprimersi nella memoria dello spettatore – “E’ parola di Dio” è certamente una di queste – non fanno che confermare le straordinarie doti vocali degli interpreti, che dimostrano anche un’ottima presenza scenica e una certa duttilità nel caratterizzare i personaggi – in particolare Francesca Folloni, la terribile Frau Fust.
La regia di Giorgio Gallione è ricca di interessanti spunti e attenzione ai particolari, che assecondano con deliziosa armonia l’estro folle degli Oblivion.

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