Recensione | TRAPPOLA PER TOPI al teatro Vittoria

Qualcosa turba le pareti di quella dimora silenziosa, qualcosa sussurra al di là del vecchio mobilio, della polvere, dei muri.
Si aggirano febbrili per le stanze Mollie e Giles, giovani coniugi decisi a tramutare la vecchia casa inglese in rabberciata locanda per ospiti e passanti.
Impetuosa strepita la bufera, la radio bofonchia intermittente; driiin! Il primo ospite suona alla porta.
Un eccentrico architetto, un’arcigna signora, un maggiore distinto, una donna mascolina e irriverente; uno dopo l’altro irrompono gli strambi inquilini, ribaltano impetuosi la quiete apparente. A loro s’aggiunge il signor Paravicini, ospite inatteso, goliardico.
I nostri ospiti o sono antipatici o sono fuori registro!
Borbotta il signor Ralston, di colpo irrequieto.
E’ al Teatro Vittoria di Roma che dal 6 al 16 Dicembre è andato in scena Trappola per topi, intramontabile opera di Agatha Christie interpretata dalla regia di Stefano Messina su traduzione di Edoardo Erba.
Un mistero permea le pareti, segreto cigolante entro cui nessuno sembra svelarsi.
Un trillo di telefono, poi un altro ancora; di un arrivo decisivo annuncia l’imminenza.
Chi è quel il sergente Trap che sciando è riuscito a raggiungere quel luogo lontano dal mondo? Su quali ombre si appresta ad indagare?
Ormai in allerta i sette personaggi avvertono il climax di paura.
Topi, taccuini, vecchie filastrocche; inattesa è la morte della vecchia Boyle, il suo corpo giace nel buio.
Ahhhhhh! Un assassino si aggira fra le pareti, la vendetta d’un folle dev’esser consumata, la sua mente malata si aggrappa al dramma d’un trauma d’infanzia.
I topolini ciechi erano tre, due sono morti il terzo è qui…
Il motivetto prensile d’una nenia agghiacciante si infila fra le cianfrusaglie, s’insinua negli spigoli del sottoscala.
I ruoli si rovesciano, sotterranei rancori affluiscono, sfociando irruenti nella minaccia di una nuova morte.
Dissipata è la coltre, tutti forse sono coinvolti.

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