Recensione | IL FU MATTIA PASCAL al teatro Quirino

Polvere, polvere. Polvere e nebbie.
Umida arranca la reminiscenza sulla scena lignea.
Vertigine ad ogni scaffale, strapiombi.
Sfugge una voce alla diegesi, lo chiama, lo invoca.
Mattia! Mattia Pascal!
Lo sguardo rincorre la sua insofferenza.
Giunge al Teatro Quirino di Roma Il Fu Mattia Pascal di Pirandello brillantemente interpretato da Daniele Pecci a partire dal 6 novembre.
Un uomo, forse un atomo.
Sagoma o granello di sabbia, arranca sugli spigoli del cruccio.
Son fitte le pagine, i frontespizi illeggibili.
Scorrevoli, le piattaforme scatenano il pulviscolo d’opalescenti trascorsi; dividono l’ora dal prima.
Laddove s’attutiscono le voci presenti, spettri preesistenti riemergono.
Dal fondo scabro affiora il ricordo.
Oliva s’affaccia, primo amore.
Scarno é l’uomo sul ciglio d’una terza morte; amante, fratello, errante vagabondo.
S’insinua il tremore, tormento sanguigno la sua stessa voce.
Ambiguo é Malagna, la vedova isterica, la trita Romilda pregna di cupezza.
Mattia si prostra a terra, inveisce contro il legno, una serrata diatriba imbastisce con sé stesso.
Poi, Montecarlo.
Una donna vestita di bianco.
S’allarga il fumo nella penombra, scoppia il colpo d’una rivoltella.
Morte vana, morte fittizia.
Perdita forse, d’identità presunta.
Inventari ancora, strofinio di terra.
Giù giù, tristo fantoccio, annegato come Mattia Pascal!

Daniele Pecci Il fu Mattia Pascal (3)

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