Recensione | LA TEMPESTA al Globe Theatre, regia di Daniele Salvo

In scena al Globe Theatre di Villa Borghese fino al 7 ottobre, La tempesta, con la regia di Daniele Salvo e la meravigliosa interpretazione di Ugo Pagliai, nel ruolo del mago Prospero.
L’opera è elaborata con cura e rispetto dal regista che, come in ogni suo allestimento, riesce a sviscerare l’essenza più profonda del testo, traducendola in una regia visionaria, che non vuole essere autocelebrativa, ma serva dell’autore.
Si contorna di grandi professionisti che curano con dedizione ogni elemento, dalle scenografie (Alessandro Chiti) al disegno luci (Umile Vainieri), alle musiche (Marco Podda), fino agli interpreti, tutti degni di nota.
Ugo Pagliai è ovviamente impareggiabile. Accoglie il personaggio di Prospero con un’umiltà e una naturalezza disarmanti. Sembra scivolare con grazia da una scena all’altra, padrone dell’azione, delicato e poi dirompente, sublime nel monologo dell’abiura.
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Melania Giglio conferma la sua straordinaria padronanza della scena, in particolar modo nell’uso della voce: attraversa continuamente diversi registri, dai più tonanti ai più infantili, rappresentando con passione e notevole sforzo fisico l’intrigante personaggio dello spirito Ariel.
Nella visione di Salvo gli spiriti alternano la proverbiale essenza eterea a una decisamente più presente carnalità: le coreografie di Micha Van Hoecke si sviluppano spesso in altezza, sfruttando anche le meravigliose e imponenti scene di Chiti, ma l’elemento preponderante è l’attaccamento al suolo.
La figura che più rappresenta il legame con la terra e l’ibrido tra spirito e umano, è senza dubbio Caliban (un bravissimo Gianluigi Fogacci, irriconoscibile nel corpo e nella voce), la cui natura mostruosa e selvaggia lo rende un personaggio disturbante e affascinante al contempo, che diventerà parte integrante della triviale linea comica della pièce, grazie all’incontro con Trinculo (Marco Simeoli) e Stefano (Mimmo Mignemi), due ubriaconi membri dell’equipaggio.

42286074_10156619279408334_7810575027673235456_o.jpgIl dramma catapulta da subito lo spettatore al centro dell’azione, all’interno della tempesta, appunto, che trascina il re di Napoli Alonso e il suo equipaggio su un isola sperduta.
L’isola altro non è che palcoscenico in cui i personaggi vagano smarriti alla ricerca di loro stessi, in un percorso che ne esalterà la violenza o la fragilità, farà emergere le loro passioni o la loro innocenza, un luogo in cui espiare le proprie colpe e prendere consapevolezza di sé. Un palco in cui il regista, Prospero, attraverso Ariel, mette in scena il suo ultimo spettacolo, predispone i suoi artifici per rimettere a posto ogni pezzo della sua vita, prima di cedere alla vecchiaia e fare i conti con la morte.

 

Così come Prospero, una volta ottenuta la sua rivincita, sceglie di abbandonare il potere, La tempesta segna l’addio alle scene di Shakespeare: un magnifico commiato che racchiude gli innumerevoli elementi cardine di tutta la sua composizione, passando dal dramma familiare alla commedia romantica, alla farsa, fino al fantastico del mondo degli spiriti.

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