In occasione della XXV edizione della rassegna “I Solisti del Teatro” presso i Giardini della Filarmonica di Roma, è andata in scena la pièce scritta da Roberta Calandra e diretta da Edoardo Siravo, Anna Freud, Un desiderio insaziabile di vacanze, interpretata da Stefania Barca con la partecipazione di Gianni Oliveri.
Ultima delle sei figlie di Sigmund Freud, Anna ripercorre la sua vita in un dialogo immaginario con il padre, tra la difficoltà di riconoscersi nei suoi panni femminili e l’impossibile confronto con la sua gemella rivale, la psicoanalisi.
Quella di Anna è una personalità combattuta che convive con un forte senso di inadeguatezza e l’incapacità di trovare il suo posto nel mondo.
Ma sarà proprio la presenza ingombrante della psicoanalisi che l’avvicinerà a seguire e le orme paterne portandola a diventare la fondatrice della psicoanalisi infantile.
Decisivo sarà per lei l’incontro con Dorothy Tiffany Burlingham, che diventerà sua compagna di vita e con cui si dedicherà a bambini orfani e traumatizzati, fondando asili e orfanotrofi in tutto il mondo.
Una vita di conquiste ma anche di grandi dolori, primo tra tutti la morte dell’amato padre, accudito con devozione durante la lunga malattia.
Stefania Barca, nonostante degli importanti problemi tecnici sul palco, riesce a mantenere sempre vivo il suo personaggio, con coerenza e presenza scenica. La sua Anna è delicata e al tempo stesso risoluta, estremamente dolce nel cercare continuamente un confronto con una figura paterna decisamente impegnativa e distaccata.
Gianni Oliveri è un convincente Sigmund Freud, con la sua voce sottilissima e una postura che sembra riprodurre fedelmente le più famose immagini del padre della psicoanalisi. Le sue sporadiche apparizioni in scena sono fondamentali per smorzare la leggera staticità del monologo, e la sua presenza, il suo passo leggero, la sua interpretazione misurata, creano una particolare atmosfera sul palco, rendendo tangibile l’idea di un dialogo impossibile tra la presenza viva di Anna e lo spirito di un padre perduto.
Il testo di Roberta Calandra sebbene possa apparire, solo in rari momenti, leggermente didascalico, propone alcuni passaggi molto acuti e interessanti, anche sottilmente metaforici. L’opera è affidata alla regia di Edoardo Siravo che, insieme al regista collaboratore Paolo Orlandelli, sceglie una messa in scena semplice e funzionale al testo: unica particolarità gli effetti sonori che, sebbene d’impatto, risultano non perfettamente in linea con il resto dell’impianto registico.
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