Il doppio in Black Swan: tra specchi e dinamiche freudiane

di Darren Aronofsky

Anno: 2010

Con: Natalie Portman, Vincent Cassel, Mila Kunis, Barbara Hershey, Winona Ryder.


Il quinto film di Darren Aronofsky si articola secondo una forte componente psicologica, che è alla base del mutamento e della graduale evoluzione che accompagna la protagonista durante l’intera vicenda, sottolineando l’indissolubile legame che unisce da sempre cinema e psicoanalisi.

Lungo tutto il film sembra di vedere sullo schermo due diversi personaggi, Nina e la sua gemella malvagia, proprio come Odette e Odile, i due cigni dell’opera di Tchaikovsky. Ma, come nella versione di Thomas Leroy sarà solo una la ballerina che interpreterà entrambi i ruoli, anche nella vita stessa di Nina avverrà una metamorfosi che la trasformerà da fredda e riservata ballerina alla costante ricerca della perfezione tecnica, nella sfrontata, violenta e sensuale interprete del Cigno Nero. Poniamo subito l’attenzione sull’elemento principale che mostra allo spettatore il percorso interiore di Nina: lo specchio, strumento primario del ballerino, rappresenta, qui, la componente narcisistica della protagonista, in una visione che l’avvicina al modello hollywoodiano della diva, attraverso l’esibizione e la spettacolarizzazione del corpo come “mascheramento” di una profonda insicurezza, che porta la donna a cercare continue conferme sulla sua identità attraverso la propria immagine riflessa nello specchio. Nel corso del film, proprio questa conferma verrà a mancare nella vicenda di Nina, in quanto lo specchio rappresenterà la superficie sulla quale verrà inscritta non solo la propria immagine esteriore, ma la sua metamorfosi, l’evoluzione del suo lato oscuro, che emergerà grazie all’azione manipolatrice del coreografo Thomas, il quale tenterà di estrapolare dalla ragazza l’anima del Cigno Nero, nascosta sotto la sua apparente freddezza e riservatezza.

Nina, infatti, dovrà interpretare, nella messinscena de Il Lago dei Cigni, due personaggi agli antipodi, il Cigno Bianco e il Cigno Nero, quest’ultimo carico di una sensualità e sfrontatezza che sembrano molto distanti dalla personalità della danzatrice. La manipolazione di Thomas si concentra principalmente sull’aspetto sessuale della vita di Nina, incoraggiandola a sciogliersi e a lasciarsi andare attraverso l’autoerotismo. In questo modo Thomas entra in conflitto con un altro personaggio manipolatore di Nina, sua madre Erica, che vuole trattenerla in uno stato infantile di purezza forzata. Appare fondamentale, quindi, il riferimento a Freud e alle sue teorie sullo sviluppo della sessualità: la totale assenza della figura paterna, ha reso impossibile, per Nina, il raggiungimento della fase edipica, quindi la scoperta della propria castrazione – dovuta al confronto con l’organo maschile – e, di conseguenza, il distaccamento dalla madre. Questa errata traiettoria edipica porta la ragazza a una condizione di dipendenza dalla madre e quindi a una repressione dell’aggressività, che sfocia in impulsi masochistici (i graffi sulla schiena, ad esempio). Il ruolo di Thomas diventa, dunque, basilare, in quanto unica figura maschile che si inserisce nella dualità madre/figlia, indirizzando Nina verso la scoperta e il risveglio della sua femminilità, quindi, finalmente, al raggiungimento della fase edipica.

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Un altro personaggio fondamentale con cui entra in contatto Nina, è Lily. Nina è ossessionata dalla ballerina, perché in lei non vede soltanto una possibile rivale sulla scena, ma anche tutto ciò che le manca per poter diventare il Cigno Nero: Lily è sensuale e perfetta per quel ruolo (lo sottolineano le ali nere tatuate sulla sua schiena). «Imprecisa, ma senza sforzo. Lei non finge», dirà Thomas. È per questo che Nina immagina un rapporto con la ragazza, per essere avvolta dalla sua grinta e sensualità, una “contaminazione” che inizia già in discoteca, grazie al top nero prestatole da Lily e all’uso della droga. L’evoluzione nel percorso sessuale della protagonista è dovuto, quindi, anche alla relazione con l’altra ballerina: la sua pulsione narcisistica, non trovando soluzione nell’autoerotismo, viene indirizzata verso un oggetto, Lily, appunto. Ma nel momento in cui Nina subirà un rifiuto dalla donna, la protagonista inizierà a sentirsi perseguitata dalla sua amata/rivale, fino ad ucciderla, ma sempre e solo nella sua immaginazione. Questa vicenda trova soluzione, ancora una volta, nelle teorie freudiane, in particolare rispetto al delirio di persecuzione, che riguarda prevalentemente i soggetti narcisistici. Analizzando episodi di delirio di persecuzione, Freud notò come, nella maggior parte dei casi, la persona dello stesso sesso più amata dal paziente prima che si ammalasse, con la malattia si era tramutata nel suo persecutore. A questo proposito, Freud afferma che la “paranoia persecutoria” è la forma morbosa con cui l’individuo si difende da un impulso omosessuale divenuto troppo intenso. Quindi, nel caso di Nina, gli impulsi libidici, ritirati a forza dall’oggetto (Lily), a causa del suo rifiuto, si trasformano in angoscia. Sin dall’inizio del film, inoltre, è presente una sovrapposizione tra le due donne, già nel loro primo incontro sulla metropolitana, in cui Nina vede la ragazza di spalle, vestita con colori diversi dai suoi, ma che sembra compiere i suoi stessi movimenti, come allo specchio. Qui torna nuovamente l’elemento chiave del film, la superficie riflettente di cui ha bisogno il narcisista. Non solo lo specchio, dunque, ma anche una persona: il riflesso della propria immagine diventa, per Nina, un’ossessione che la porta a vedere il suo viso nei volti delle altre ballerine e a creare proiezioni di sé anche al di fuori della superficie di uno specchio, come nel primo incontro con il proprio alter ego nel sottopassaggio della metropolitana.

La terza donna contro cui si misura Nina è Beth, la stella della compagnia, ormai troppo “anziana” per continuare a farne parte. Anche lei è stata oggetto della “manipolazione” che Thomas compierà su Nina (la chiama «my little princess», come farà con Nina, una volta arrivata al successo), ma nel momento in cui non si ha più bisogno di lei, Beth perde la testa. È come se il suo alter ego, creato da Thomas negli anni, abbia ormai consumato e distrutto la donna, possedendola con una forza nascosta che domina le sue meravigliose performance. Una volta scartata, Beth, in preda alla rabbia, distrugge il suo camerino, in particolare lo specchio, il simbolo fondamentale della metamorfosi e della duplice natura della ballerina, che vedremo svilupparsi in Nina, ma che ha già attraversato Beth, a suo tempo. Dopo il disastroso incidente in cui la donna rimane paralizzata, Thomas dice a Nina che ogni cosa che Beth fa proviene da qualche impulso oscuro, è questo che la rende perfetta, ma allo stesso tempo pericolosa. Nina deve, dunque, diventare come lei, carpire questa sua forza: entra nel suo camerino e le ruba alcuni oggetti, tra cui il rossetto che userà per incontrare Thomas, con lo scopo di ottenere il ruolo principale. Qui vedremo come, dopo la discussione tra i due, Nina risponda con un morso al bacio del coreografo, reazione inaspettata da parte della ragazza, che poi, grazie a questo atto di ribellione (caratteristica di Beth), riuscirà ad ottenere la parte.

Nina sviluppa, quindi, dei rapporti di attrazione e di ossessione con in personaggi che la circondano, cercando comunque un modo per riflettersi in loro. Christopher Lasch, nei suoi studi, ha sottolineato, infatti, come il narcisista attivi “un’imitazione inconsapevole e automatica di quelli che lo circondano”, non per la ricerca di un modello da seguire, ma per mancanza di immagini di sé: quindi, avendo cancellato la propria identità, “il narcisista non può identificarsi con qualcuno senza vederlo come estensione di sé, e cancella pertanto anche l’identità delle altre persone” (2). Appare fondamentale, a riguardo, la sequenza della lotta tra Nina e Lily nel camerino: Nina crede di uccidere la sua rivale, ma inconsciamente sa di essere l’unico ostacolo alla propria “liberazione”; per poter essere il Cigno Nero deve eliminare se stessa. Durante la colluttazione, Lily, quindi la parte di Nina che deve essere eliminata, viene scaraventata contro uno specchio che si distrugge in mille pezzi, e proprio con una di queste schegge Nina si colpisce: in questo senso è come se, una volta distrutto lo specchio, il “contenitore” di quest’anima malvagia, essa avvolgesse completamente la ragazza, eliminando tutto il suo essere dimesso e represso, e la portasse a raggiungere la perfezione. Ma solo grazie alla propria distruzione.

 

Note:

(1) Per i riferimenti a Freud, Sigmund Freud, Introduzione alla psicoanalisi, Newton Compton, Roma, 2010.

(2) Glen O. Gabbard e Krin Gabbard, Cinema e psichiatria, cit., p. 343.

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