Liberamente ispirato all’opera di Shakespeare
Scritto e diretto da Luigi Lo Cascio
Con: Vincenzo Pirrotta, Luigi Lo Cascio, Valentina Cenni e Giovanni Calcagno
Al teatro Quirino di Roma fino al 29 marzo
“Un Otello scarnificato, ridotto a tre, anzi quattro personaggi: il condottiero, l’alfiere, Desdemona, ai quali si aggiunge l’invenzione di un soldato che si fa narratore, coscienza critica, coro. A partire da Shakespeare un altro Otello.” Con questa prospettiva Luigi Lo Cascio presenta una riscrittura dell’opera shakespeariana, che vuole soffermarsi più incisivamente su determinati piani del testo, dando per scontata la trama originale, che appare solo un punto di partenza: all’apertura del sipario la scena è spoglia, la luce è cupa, il delitto è già stato compiuto.
Il regista sceglie di rappresentare il dramma in dialetto siciliano, conferendo alle parole una musicalità e una passionalità che coinvolge e affascina, mettendo in secondo piano eventuali difficoltà di comprensione. L’unica a parlare italiano è Desdemona, qui mite eroina guerriera senza abiti sfarzosi. La sua voce chiara e perfetta le dona una certa sacralità, ma al tempo stesso l’allontana da Otello e dal suo mondo: risultano inconciliabili per il semplice fatto di essere uomo e donna.
Quello che Lo Cascio porta in scena è un dramma individuale, che punta a scavare nella psicologia dei personaggi e nei loro dissidi interiori. Il carismatico Vincenzo Pirrotta dà vita a un Otello rigorosamente bianco, in un percorso emotivo che lo renderà sempre più dilaniato dalla gelosia, fino all’esplosione della follia: la sua bestialità non è dovuta al colore della pelle, ma alla sua natura di essere umano.
Non c’è nessun ordine cronologico, ma continui salti temporali legati insieme dal narratore-soldato che comunica direttamente con il pubblico: attraverso il suo racconto, il regista dà corpo a nuovi spunti creativi, in assoluta coerenza con l’originale. Con un intenso monologo, Iago, interpretato dallo stesso Lo Cascio, indaga nel suo vissuto e nel suo trauma infantile, mentre il finale appassionante e originale, si distacca dal clima di tensione precedente, offrendo immagini oniriche poetiche e inaspettate.
Portare in scena un’opera di Shakespeare nel 2015 è senza dubbio un’impresa rischiosa, sia che si scelga di proporla secondo la pura tradizione elisabettiana, sfidando sfrontatamente il mito, sia che la si affronti trasversalmente, proponendo una nuova visione che sia in grado di mantenere la poesia e le tematiche originali, ma in un’ottica più vicina alla percezione del pubblico di oggi. Quest’ultimo è stato l’approccio di Lo Cascio: l’interpretazione emozionante degli attori arricchisce un testo che non è un semplice adattamento, ma una scrittura nuova, carica di sentimento e ricerca.